TRA ALIENAZIONE NAZIONALE E DIPENDENZA COLONIALE
L’ANALISI DI TRINAKRIUS
La riflessione interna all’indipendentismo siciliano e segnatamente all’indipendentismo progressivo e progressista sui temi del lavoro e sul futuro dei lavoratori, di li travagghiaturi è uno dei tratti connotativi della nostra iniziativa sociale e politica.
Vertenze come quella della Sicilfiat di Termini Imerese o quella della Fincantieri di Palermo sono paradigmatiche di un modo di intendere l’economia e di una prassi politica di stampo marcatamente quanto linearmente “coloniale”, i cui effetti finiscono per riversarsi principalmente sugli strati più deboli della nostra popolazione, primi tra tutti i lavoratori.
Gli effetti di queste “prassi” sono evidenti e tuttavia una certa elite, di potere e al potere, prova a negare e tacere le sue logiche implicazioni.
In questo 2010 prendiamo atto che c’è ancora, in Sicilia, chi ritiene sia possibile, in nome dell’esercizio del potere, di separare cause ed effetti nella valutazione della crisi industriale che avviluppa la nostra Isola.
A costoro e a molti altri, anche nel movimento operaio italiano in Sicilia, sembrano sfuggire le ovvie conseguenze e/o implicazioni di scelte dettate , come nel caso dello stabilimento termitano, da interessi economici ma anche da correlate visioni ideologiche sul ruolo della Sicilia e dei Siciliani.
Quando, dunque, certi settori politici, sociali e sindacali giustamente denunciano, ad esempio, la situazione dei lavoratori di Termini Imerese, sia di Sicilfiat che dell’indotto, spesso sembrano “dimenticare” di dire che le scelte del management dell’azienda torinese non sono altro che le “logiche” conseguenze di una mai mutata visione economica e quindi sociale e politica sul ruolo della Sicilia e dei Siciliani all’interno della forma-stato Italia.
Perché allora non si denuncia ciò? A nostro avviso questo”ritardo“ dipende, in buona sostanza e senza troppo generalizzare, dal fatto che i diversi gruppi “politici” italiani in Sicilia non possono tirare le dovute conclusioni dato che se lo facessero verrebbe meno la loro stessa persistenza e/o esistenza.
Presenza che è fondata sul mantenimento di uno “squilibrio” controllato e permanente tra diverse parti della forma-stato Italia.
Si tratta di un “attivo” collaborazionismo con interessi esterni alla Sicilia e lontani dai Siciliani che si possono identificare con quelli di certo capitalismo del Nord Italia.
Di fronte a questa evidenza spicca, poi, ancor più colpevolmente il “silenzio acquiescente” di certi settori politici che si dicono “siciliani”.
Settori che pur dichiarandosi attenti alle necessità del nostro Popolo e talvolta scimmiottando i nostri temi, persino avendo forza parlamentare e proiezione politica non mostrano né coerenza né coraggio politico e soprattutto non provano neppure a trarre le evidenti quanto doverose conseguenze da quanto accade ai lavoratori, ai travagghiaturi siciliani, loro conterranei.
Noi valutiamo questo “obnubilamento” con severità.
Sembre che vigano solo motivi d’interesse, di “parrocchia” e che l’interesse generale e quello dei lavoratori in particolare non esista e quasi non li interessi o c’è dell’altro?
Noi riteniamo che questa “ottenebramento” dipenda, per ciò che riguarda certi settori dall’essere parte essi stessi del sistema di potere consociativo vigente e tuttavia dobbiamo rilevare anche che questa “indifferenza” coinvolge e travolge anche settori “sicilianisti” o pseudo tali.
Come mai? Vi sono settori che per cultura, sensibilità e formazione sono portati a credere, talvolta in buona fede, che la lotta per l’autodeterminazione debba e forse possa prescindere da qualsivoglia riferimento sociale.
E’ si badi bene una lecita visione politica che però altrettanto lecitamente non ci soddisfa né convince.
E’ nostra opinione, infatti, che la QUESTIONE SICILIANA sia una QUESTIONE NAZIONALE che non può prescindere nella sua soluzione dalla correlata QUESTIONE SOCIALE.
E’ questo il nesso che offre senso, spessore, qualità ed originalità alla nostra lotta politica per il Popolo e la Nazione Siciliana.
Limitare la lotta per l’autodeterminazione dei nostri destini ad un mero monodimensionale dato politico-istituzionale significa negare ed immiserire una realtà complessa, nazionale qual è quella siciliana.
In questa chiave si inserisce la nostra posizione POLITICA,che organizzativamente trova la sua realizzazione nelle posizioni assunte da 'u Frunti Nazziunali Sicilianu - Sicilia Indipinnenti", riguardo il futuro industriale della Sicilia che non è cosa diversa o separabile dal futuro dei suoi lavoratori e delle sue lavoratrici.
Quando dicevamo dunque, in tempi non sospetti, che i lavoratori siciliani e ai termitani devono esigere che le cose cambino una volta per tutte, intendevamo dire ed intendiamo dire che occorre cercare soluzioni e non “pezze”. Intendevamo dire che occorre che i lavoratori siciliani di Termini Imerese che rischiano di restare senza lavoro, senza prospettive, senza futuro rifiutino la solita “liturgia”sindacal-politica consociativa e che finalmente si rendano conto che loro sono vittime sacrficali ( e secondo taluni sacrificabili) sull’altare di una antica PRASSI ECONOMICA ED INDUSTRIALE di tipo COLONIALE, che la Sicilia sfrutta, spreme e dalla cui minorità indotta trae tanti, evidenti e no, vantaggi economici e politici.
Quando scrivevo, scrivevamo:“ […]Crediamo che una parte della responsabilità sia addebitabile a quei settori politici e/o sindacali siciliani concepiscono, come solo accessorio, all’interesse economico, sociale ed industriale del Nord Italia, il futuro dell’economia siciliana e dei diritti dei lavoratori isolani e che in virtù, di questo assioma, “gestiscono” le vertenze industriali. […]”intendevamo dire che i Travagghiaturi di Termini Imerese ma anche di Palermo, Catania, Riesi o Ragusa devono pretendere un “cambiamento di registro”.
Invece cos’è accaduto? Poco o nulla.
Anzi abbiamo assistito alle prevedibili passerelle in cui il politico, i politici anche cosiddetti sicilianisti e/o pseudo-indipendentisti hanno colto l’occasione non per risolvere i problemi dei lavoratori ma per offrirsi una “tribuna” , un “cono di visibilità”. Noi abbiamo rifiutato di partecipare al teatrino, alla “cannibalizzazione” dei diritti dei lavoratori e delle loro famiglie.
Siamo qui a dire cosa state facendo, cosa farete per loro, per la loro citta’, per il comprensorio.
Ad oggi il vostro SILENZIO è indicativamente ASSORDANTE!