La notizia è di quelle che non si possono minimizzare.
A Il Cairo si è consumato un qualcosa che potenzialmente potrebbe avere effetti sulla vita di tutti i Popoli Mediterranei compreso, quindi quello Siciliano.
Ci riferiamo al fatto che una manifestazione di cristiani copti è stata fatta segno prima di violenze di gruppi organizzati e poi attaccata dalle forze di sicurezza egiziane.
Si sono registrati , ad ora, più di 200 feriti e ben 36 morti.
Domandiamoci: l’Egitto post-Mubarak è in preda all’odio e alla violenza tra religioni? Tutto sembra indicare di sì.
Tuttavia non essendo mai stati Noi nemici del cambiamento non ragioniamo come taluni che riflettendo del e sul mondo arabo, a bocce ferme, non trovano di meglio che dire: si stava meglio, quando si stava peggio. Costoro invocano, evocano, spesso rimpiangono i deposti autocrati come appunto l’ottuagenario Mubarak.
Non siamo assolutamente d’accordo!
Noi di questo blog, l’area politico-culturale a cui facciamo riferimento abbiamo creduto in quel processo sinteticamente definito “Primavera Araba” provando a non essere leggeri o acritici.
Ripercorrendo i fatti, Tutti hanno, nel merito, qualcosa da rimproverarsi.
L’Opinione Pubblica Europea, ad esempio, è stata, in concreto, leggera, autoreferenziale e si spesso accontentata o illusa di poter leggere quelle “realtà” con le proprie, vetuste “lenti colorate” ed i propri pre-giudizi.
La stessa definizione di “Primavera Araba” è in sé, anche al di là delle intenzioni, in buona sostanza fuorviante.
In realtà il cambiamento democratico, reale, partecipato, senza riserve, in Egitto, come anche altrove, è stato il grande assente.
In Egitto le vecchie elité ,di potere e al potere, dopo un primo trasalimento e/o sbandamento, hanno, poi, colto al balzo la circostanza inattesa della spontanea sollevazione popolare per regolare pertanto alcuni “conti” all’interno della nomenclatura locale.
Tuttavia sebbene i vecchi burocrati siano ancora, al momento, in sella, si registra l’avanzare inesorabile, dei temi e dell’agenda, dell’integralismo islamico quale ago della bilancia politico del “nuovo” Egitto.
Il risultato, i risultati di un simile andazzo son dei “frutti” avvelenati che minacciano il futuro dell’Egitto, del Medio-Oriente, del Mediterraneo e quindi del Mondo.
L’Egitto del dopo Piazza Tahrir, oggi, non è all’altezza dei sogni, dei bisogni e delle aspirazioni di un popolo giovane come quello egiziano, che sono configgenti, diversi ed inconciliabili con quelli sia delle vecchie elite ex –mubarakiane e post-sadattiste come anche con quelli dell’islamismo esclusivista locale.
Il tutto crea un mix composito quanto esplosivo che sta quasi per deflagrare.
In una simile contingenza si evidenziano alcune vittime sacrificali, sul frangente interno la importante minoranza cristiana copta mentre su quello esterno Israele e il sionismo ( leggi più estensivamente l’ebraismo tout court) .
Tutto ciò insieme ad altri elementi come, ad esempio la nuova, aggressiva geopolitica turca minaccia di mutare, in peggio, la prospettiva del Mediterraneo sia presente che futuro.
Come Patrioti Siciliani, dunque, avvertiamo la stringente responsabilità, etica e politica, di non accettare né essere acquiescenti verso ipotesi o prospettive che minacciano concretamente di innescare e/o rinfocolare processi di divisione e contrapposizione di natura etnico religiosa nel bacino mediterraneo.
Alla luce di tutto ciò potremmo dire, facendoci facili profeti, che la “Primavera Araba” si sia mutata in un “Autunno” che si avvia, a grandi passi, a farsi “Inverno”.
Un “Inverno”di democrazia, libertà, speranza, giustizia per gli Egiziani come anche per i Popoli arabi prima e per tutti gli altri, Siciliani compresi, poi.
Alla luce di tutto ciò ci chiediamo: Davvero i Popoli Mediterranei, siano essi mussulmani, cristiani o ebrei, si devono rassegnare alla logica dell’odio e della mala tolleranza?
Noi non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo rassegnarci a una simile penosa prospettiva.
Forse è il tempo che gli Egiziani, non solo gli egiziani, prendano finalmente, saldamente in mano il futuro, loro e del loro paese, per affermare la comprensione come bussola politica e di vita.
Il nostro interesse nasce dalla constatazione evidente che quello che accade nel bacino mediterraneo produce necessariamente effetti anche sugli altri Popoli Mediterranei e quindi anche sul divenire della Nazione Siciliana.
In una realtà, in un Mondo in cui i fautori della “realpolitik” sembrano essere tanti, troppi, Noi, invece, sosteniamo, a viso aperto, che il futuro dei Popoli Mediterranei passa per l’unica, vera intransigenza, utile e accettabile , è quella di non discriminare nessuno.
Nel Mediterraneo che Noi pensiamo e progettiamo possono e devono convivere i Popoli, le Nazioni, come , ad esempio, quelle Israeliana e Palestinese e tutti i Credi religiosi nessuno negato o escluso.
Se così non sarà vivremo tutti un “Autunno”presto un “Inverno”.
E ancora una volta, Noi tutti, avremmo perso l’occasione di essere, tutti e ognuno, protagonisti e soggetti del comune futuro Mediterraneo e di Mediterranei.
TRINAKRIUS