La questione della commissione che in Veneto dovrebbe fare chiarezza sul Plebiscito del 1866 non è mero dato di cronaca né di polemica locale veneta ma ha anche, per Noi Siciliani, motivi di interesse non solo e non tanto per la specificità della questione quanto più e meglio per il grumo di contraddizioni storiografiche e politiche che evoca e trascina con sé.
E’ questa una riflessione che trascende anche dall’essere più o meno d’accordo o in disaccordo sia con i metodi che con la prassi portata avanti dalla Lega Nord.
Se, infatti, motore di tutto è l’organizzazione padanista è pur vero che la questione sollevata esiste innegata perché innegabile da ben prima che il “carroccio” esistesse e dipanasse la sua azione politica.
Si tratta, liberata alla sua pur importante specificità, di una riflessione sul valore, il senso,l’importanza e il peso della Verità dei fatti e degli accadimenti nella storia della forma-stato Italia a seguito della cosiddetta “unificazione” .
Poste queste necessarie premesse occorre dire che Noi del blog indipendentista “ La Questione Siciliana” siamo, da tempo, impegnati su questo frangente anche se profonda, quanto pur rispettosa, è la nostra diversità dalla Lega e dalle sua visioni e/o prese di posizione talvolta etnicistiche.
Ora, nello specifico, non abbiamo particolari, specifiche o specialistiche, benemerenze nella conoscenza particolareggiata della storia Veneta e Serenissima eppure, ciò malgrado, vorremmo dire la nostra sul dato specifico della “querelle” ripresa e riportata anche dal “ Corriere della Sera” in data 29 dicembre 2007 nell’articolo - “VENETO ANNESSO CON BROGLI” MA GALAN BLOCCA LA LEGA – a firma di Alessandro Trocino.
Diremo subito a scanso di equivoci che non ci interessa, in questa sede, il dato di polemica politica più squisitamente tattico.
Vogliamo invece porre la nostra attenzione su alcune affermazioni di storici e studiosi riportate nel servizio di Trocino.
Ad esempio crediamo sia profondamente sbagliato esorcizzare, nello specifico, una posizione che voglia restituire, la giusta contestualizzazione, al passato, alla memoria collettiva dei Popoli siano essi Veneto o Siciliano.
Nello specifico ci colpisce il fatto, che anche in Veneto, si denoti una montante, persistente volontà di riaffermare e riaccreditare le vecchie, smaccate vulgate risorgimentaliste e centraliste.
Ora noi non conosciamo né lo storico Zorzi né il docente Lanaro ma nelle loro dichiarazioni , riprese dall’articolista de il “ Corriere della Sera”,ritroviamo, elementi, non secondari, della polemica tutt’ora aperta, in Italia, tra storiografia ufficiale risorgimentalista e quindi, per definizione, revisionista e contro-storiografia federalista, autonomista, indipendentista anti-ufficializzata.
Zorzi scrive, come riportato da Trocino - “[…] ma rimettere in discussione la storia non ha senso […] “- .
E’ un’affermazione che in tutta onestà non ci sentiamo di sottoscrivere.
Se, infatti, dovessimo accettare questa logica dovremmo davvero rivedere, al ribasso, tutte le nostre categorie etiche e morali, nel valutare e “giudicare” gli accadimenti storici.
Zorzi, in sostanza, ci chiede di accettare, una visione,in base alla quale, dovremmo chiudere i conti con il passato accettandolo come ce lo hanno presentato,con i suoi travisamenti anche pacchiani, senza giudizi di merito o valore, come se i dati umani potessero essere “neutra materia” ( ma si può prescindere dai giudizi di merito? Egli forse lo fa? ).
Non ci convincono neppure, lo scriviamo con rispetto, le dichiarazioni,sempre riportate da Trocino, del docente dell’Ateneo di Padova, Silvio Lanaro.
Ora non vorremmo sembrare né prevenuti né alteri ma crediamo che fior di ricerche storiche e documentali abbiano abbondantemente testimoniato e comprovato che lo “stile” di governo dei Savoia, in quegli anni, non era né lungimirante né illuminato né tanto meno democratico.
Nel condurre il nostro ragionamento chiameremo, in nostro aiuto, per definire e contornare il quadro, quelli che chiameremo i “precedenti siciliani”.
Il Plebiscito siciliano, ma anche quelli che sancirono la “piemontessizzazione” e quindi la “savoizzazione” degli Stati pre-unitari della penisola italiana testimoniano, abbondantemente, della, come dire, pervicace vocazione sabauda alla “sofisticazione” dei momenti plebiscitari.
Del resto ha ben ragione il leghista Stivan quando adduce ad elemento se non di prova di concreto dubbio, nello specifico del plebiscito del 1866, il dato quantitativo, in termini percentuali, del NO all’annessione che si concretizzò in soli 69 voti contro ben 646.789 sì e tutti, sembra, entusiastici.
Ancora in quest’occasione, come prima in Sicilia,l’arroganza divenne sfacciata e senza limiti. Si volle accreditare, silenziando con la violenza più truce e barbara, chiunque anche solo avesse non dico una posizione contraria ma anche dubbiosa.
E’ il tipico stile che anche, nell’appena passato XX° secolo, ha caratterizzato tutti i Governi anzi i Regimi autoritari e a-democratici.
Il fatto poi che questo elemento di dubbio venga espresso e palesato dall’esponente di una forza politica, spesso discussa e per certi versi anche discutibile, anche dal punto di vista federalista e/o indipendentista ( cosa che noi facciamo spesso senza sconti né deferenze) non sottrae per nulla credibilità e senso all’evidenza logica, storica e politica dell’affermazione.
Fa dunque specie che il Prof. Lanaro mostri tanta sicurezza contando sulla – “assoluta trasparenza “- del Plebiscito del 1866.
E pur tuttavia Egli con la sua schietta onestà intellettuale, aggiunge un chiarimento che, di fatto, porta appunto acqua al mulino dei Venetisti e di tutti coloro che credono, non tanto nella Commissione quanto nell’utilità e nella necessità di far trionfare la verità storica.
Lanaro, riporta l’articolista Trovino, dice riferendosi a quel plebiscito: - “Naturalmente allora non poteva essere concepito come un voto moderno: era una manifestazione di adesione ad una decisione già presa. Logico che votassero solo i favorevoli.”-
Ora eviteremo accuratamente di trarre conclusioni, pur possibili, dalla visione di “realismo storico” qui enunciata che potrebbe avere esiti dirompenti sulla ricerca storica e in prospettiva anche sull’interpretazione della “historia” dei nostri tempi e giorni.
Prenderemo, invece, l’affermazione in questione come ulteriore ( a dire il vero tautologica prova) della concezione che della democrazia, dello Stato di Diritto, e del Diritto in genere, avevano i Savoia e con essi lo Stato Sabaudo che era l’anima dell’allora “Regno d’Italia”.
E pur tuttavia comprendiamo che a seguito di una campagna sistematica, ufficiale, di riscrittura dei dati e contesti storici di quegli anni, durata oltre 145 anni, è per molti difficile abbandonare le vulgate acquisite sull’”Unità” di Italia.
Addurremo, quindi, un altro (anch’esso forse superfluo ma indicativo) dato di riflessione.
L’anno di quel Plebiscito è il 1866.
Un anno che in Sicilia, per i Siciliani, per la Nazione Siciliana vede un accadimento eroico e terribile.
Parlo della “ Rivoluzione del Sette e Mezzo” che vide Palermo dal 16 al 22 settembre di quel 1866 ribellarsi all” illuminato governo Sabaudo”. Rivoluzione sedata solo con la violenza più sfrenata e anche grazie ad un delittuoso bombardamento dal mare di Palermo.
E’ questa la “Visione del Mondo” del neonato Regno d’Italia in quel 1866.
Ora ancor oggi di questa “ Rivoluzione del Sette e Mezzo” si scrive, si parla poco, pochissimo e quando se ne parla non si pone l’accento sull’essere stato una sollevazione Siciliana, Sicilianista, un guizzo eroico di dignità popolare e nazionale ma la si ridimensiona e la si collega, con un trucco vecchio ma sempre utile, a fenomeni o di Jacquerie del proletariato urbano palermitano o collegandola a cause altre in modo da sottrarle il suo vero contesto.
Eppure essa testimonia del “clima” che i Savoia offrivano i loro vecchi e nuovi sudditi.
In questo “clima” appunto si svolge il plebiscito del 1866.
E’ verosimile pensare che questi spietati sovrani, cannonatori e ispiratori di stragi che nulla hanno da invidiare alle ecatombi del XX° secolo, giunti in Veneto, come sulla Via di Damasco, si scoprirono, d’incanto, democratici e politicamente corretti?
E’difficile da dimostrare e ad oggi infatti risulta indimostrato.
Come crediamo sia difficile da comprovare se si esce dal campo consolante della vecchia riscrittura risorgimentalista il dato che vorrebbe la dominazione austriaca, sic et simpliciter, spietata e oltremodo odiata.
Vi sono fortunatamente dati documentali, sopravvissuti al furore storiografico ufficiale, che testimoniano un’altra verità, scevra da ideologizzazioni, nazionalismi biechi e riscritture imbarazzanti.
Concludendo speriamo di avere aggiunto elementi di chiarezza e comunque di riflessione al dibattito.
Vi salutiamo, quindi, con l’antico grido del Popolo Siciliano durante i Vespri che è summa e sintesi del Sentirsi, viversi e percepirsi Nazione del e nel Mondo.
ANTUDU!
E’ questa una riflessione che trascende anche dall’essere più o meno d’accordo o in disaccordo sia con i metodi che con la prassi portata avanti dalla Lega Nord.
Se, infatti, motore di tutto è l’organizzazione padanista è pur vero che la questione sollevata esiste innegata perché innegabile da ben prima che il “carroccio” esistesse e dipanasse la sua azione politica.
Si tratta, liberata alla sua pur importante specificità, di una riflessione sul valore, il senso,l’importanza e il peso della Verità dei fatti e degli accadimenti nella storia della forma-stato Italia a seguito della cosiddetta “unificazione” .
Poste queste necessarie premesse occorre dire che Noi del blog indipendentista “ La Questione Siciliana” siamo, da tempo, impegnati su questo frangente anche se profonda, quanto pur rispettosa, è la nostra diversità dalla Lega e dalle sua visioni e/o prese di posizione talvolta etnicistiche.
Ora, nello specifico, non abbiamo particolari, specifiche o specialistiche, benemerenze nella conoscenza particolareggiata della storia Veneta e Serenissima eppure, ciò malgrado, vorremmo dire la nostra sul dato specifico della “querelle” ripresa e riportata anche dal “ Corriere della Sera” in data 29 dicembre 2007 nell’articolo - “VENETO ANNESSO CON BROGLI” MA GALAN BLOCCA LA LEGA – a firma di Alessandro Trocino.
Diremo subito a scanso di equivoci che non ci interessa, in questa sede, il dato di polemica politica più squisitamente tattico.
Vogliamo invece porre la nostra attenzione su alcune affermazioni di storici e studiosi riportate nel servizio di Trocino.
Ad esempio crediamo sia profondamente sbagliato esorcizzare, nello specifico, una posizione che voglia restituire, la giusta contestualizzazione, al passato, alla memoria collettiva dei Popoli siano essi Veneto o Siciliano.
Nello specifico ci colpisce il fatto, che anche in Veneto, si denoti una montante, persistente volontà di riaffermare e riaccreditare le vecchie, smaccate vulgate risorgimentaliste e centraliste.
Ora noi non conosciamo né lo storico Zorzi né il docente Lanaro ma nelle loro dichiarazioni , riprese dall’articolista de il “ Corriere della Sera”,ritroviamo, elementi, non secondari, della polemica tutt’ora aperta, in Italia, tra storiografia ufficiale risorgimentalista e quindi, per definizione, revisionista e contro-storiografia federalista, autonomista, indipendentista anti-ufficializzata.
Zorzi scrive, come riportato da Trocino - “[…] ma rimettere in discussione la storia non ha senso […] “- .
E’ un’affermazione che in tutta onestà non ci sentiamo di sottoscrivere.
Se, infatti, dovessimo accettare questa logica dovremmo davvero rivedere, al ribasso, tutte le nostre categorie etiche e morali, nel valutare e “giudicare” gli accadimenti storici.
Zorzi, in sostanza, ci chiede di accettare, una visione,in base alla quale, dovremmo chiudere i conti con il passato accettandolo come ce lo hanno presentato,con i suoi travisamenti anche pacchiani, senza giudizi di merito o valore, come se i dati umani potessero essere “neutra materia” ( ma si può prescindere dai giudizi di merito? Egli forse lo fa? ).
Non ci convincono neppure, lo scriviamo con rispetto, le dichiarazioni,sempre riportate da Trocino, del docente dell’Ateneo di Padova, Silvio Lanaro.
Ora non vorremmo sembrare né prevenuti né alteri ma crediamo che fior di ricerche storiche e documentali abbiano abbondantemente testimoniato e comprovato che lo “stile” di governo dei Savoia, in quegli anni, non era né lungimirante né illuminato né tanto meno democratico.
Nel condurre il nostro ragionamento chiameremo, in nostro aiuto, per definire e contornare il quadro, quelli che chiameremo i “precedenti siciliani”.
Il Plebiscito siciliano, ma anche quelli che sancirono la “piemontessizzazione” e quindi la “savoizzazione” degli Stati pre-unitari della penisola italiana testimoniano, abbondantemente, della, come dire, pervicace vocazione sabauda alla “sofisticazione” dei momenti plebiscitari.
Del resto ha ben ragione il leghista Stivan quando adduce ad elemento se non di prova di concreto dubbio, nello specifico del plebiscito del 1866, il dato quantitativo, in termini percentuali, del NO all’annessione che si concretizzò in soli 69 voti contro ben 646.789 sì e tutti, sembra, entusiastici.
Ancora in quest’occasione, come prima in Sicilia,l’arroganza divenne sfacciata e senza limiti. Si volle accreditare, silenziando con la violenza più truce e barbara, chiunque anche solo avesse non dico una posizione contraria ma anche dubbiosa.
E’ il tipico stile che anche, nell’appena passato XX° secolo, ha caratterizzato tutti i Governi anzi i Regimi autoritari e a-democratici.
Il fatto poi che questo elemento di dubbio venga espresso e palesato dall’esponente di una forza politica, spesso discussa e per certi versi anche discutibile, anche dal punto di vista federalista e/o indipendentista ( cosa che noi facciamo spesso senza sconti né deferenze) non sottrae per nulla credibilità e senso all’evidenza logica, storica e politica dell’affermazione.
Fa dunque specie che il Prof. Lanaro mostri tanta sicurezza contando sulla – “assoluta trasparenza “- del Plebiscito del 1866.
E pur tuttavia Egli con la sua schietta onestà intellettuale, aggiunge un chiarimento che, di fatto, porta appunto acqua al mulino dei Venetisti e di tutti coloro che credono, non tanto nella Commissione quanto nell’utilità e nella necessità di far trionfare la verità storica.
Lanaro, riporta l’articolista Trovino, dice riferendosi a quel plebiscito: - “Naturalmente allora non poteva essere concepito come un voto moderno: era una manifestazione di adesione ad una decisione già presa. Logico che votassero solo i favorevoli.”-
Ora eviteremo accuratamente di trarre conclusioni, pur possibili, dalla visione di “realismo storico” qui enunciata che potrebbe avere esiti dirompenti sulla ricerca storica e in prospettiva anche sull’interpretazione della “historia” dei nostri tempi e giorni.
Prenderemo, invece, l’affermazione in questione come ulteriore ( a dire il vero tautologica prova) della concezione che della democrazia, dello Stato di Diritto, e del Diritto in genere, avevano i Savoia e con essi lo Stato Sabaudo che era l’anima dell’allora “Regno d’Italia”.
E pur tuttavia comprendiamo che a seguito di una campagna sistematica, ufficiale, di riscrittura dei dati e contesti storici di quegli anni, durata oltre 145 anni, è per molti difficile abbandonare le vulgate acquisite sull’”Unità” di Italia.
Addurremo, quindi, un altro (anch’esso forse superfluo ma indicativo) dato di riflessione.
L’anno di quel Plebiscito è il 1866.
Un anno che in Sicilia, per i Siciliani, per la Nazione Siciliana vede un accadimento eroico e terribile.
Parlo della “ Rivoluzione del Sette e Mezzo” che vide Palermo dal 16 al 22 settembre di quel 1866 ribellarsi all” illuminato governo Sabaudo”. Rivoluzione sedata solo con la violenza più sfrenata e anche grazie ad un delittuoso bombardamento dal mare di Palermo.
E’ questa la “Visione del Mondo” del neonato Regno d’Italia in quel 1866.
Ora ancor oggi di questa “ Rivoluzione del Sette e Mezzo” si scrive, si parla poco, pochissimo e quando se ne parla non si pone l’accento sull’essere stato una sollevazione Siciliana, Sicilianista, un guizzo eroico di dignità popolare e nazionale ma la si ridimensiona e la si collega, con un trucco vecchio ma sempre utile, a fenomeni o di Jacquerie del proletariato urbano palermitano o collegandola a cause altre in modo da sottrarle il suo vero contesto.
Eppure essa testimonia del “clima” che i Savoia offrivano i loro vecchi e nuovi sudditi.
In questo “clima” appunto si svolge il plebiscito del 1866.
E’ verosimile pensare che questi spietati sovrani, cannonatori e ispiratori di stragi che nulla hanno da invidiare alle ecatombi del XX° secolo, giunti in Veneto, come sulla Via di Damasco, si scoprirono, d’incanto, democratici e politicamente corretti?
E’difficile da dimostrare e ad oggi infatti risulta indimostrato.
Come crediamo sia difficile da comprovare se si esce dal campo consolante della vecchia riscrittura risorgimentalista il dato che vorrebbe la dominazione austriaca, sic et simpliciter, spietata e oltremodo odiata.
Vi sono fortunatamente dati documentali, sopravvissuti al furore storiografico ufficiale, che testimoniano un’altra verità, scevra da ideologizzazioni, nazionalismi biechi e riscritture imbarazzanti.
Concludendo speriamo di avere aggiunto elementi di chiarezza e comunque di riflessione al dibattito.
Vi salutiamo, quindi, con l’antico grido del Popolo Siciliano durante i Vespri che è summa e sintesi del Sentirsi, viversi e percepirsi Nazione del e nel Mondo.
ANTUDU!
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