lunedì 26 maggio 2008

TIBET: BASTA IPOCRISIA


Riprendiamo e pubblichiamo integralmente dalla rivista SERVIR – Mensile di Informazione dell’Associazione Centro Astalli per l’assistenza agli Immigrati ( Rivista dei Gesuiti) il seguente interessantissimo articolo a firma di P.Gianni Criveller - Missionario PIME a Hong Kong.
F
inalmente una voce chiara e ben informata sui fatti Tibetani!


BUONA LETTURA e
LIBERTA’ PER IL TIBET ED I TIBETANI!



È DIFFICILE AVERE INFORMAZIONI PRECISE SULLA SITUAZIONE DEL TIBET PERCHÉ È ISOLATO DAL RESTO DEL MONDO. NESSUNA PERSONA INTERESSATA A CAPIRE, NESSUN GIORNALISTA VI PUÒ ANDARE. LE INFORMAZIONI CHE ARRIVANO DAI MEDIA DEL REGIME CINESE SONO INATTENDIBILI, AL SERVIZIO DI UNA OCCUPAZIONE MILITARE E DI UNA DURA REPRESSIONE.
ANCHE LA STORIA DEL POPOLO E DELLA NAZIONE TIBETANA VIENE MANIPOLATA A PIACIMENTO.




Che il Tibet sia parte della Cina è una affermazione frutto dell’ideologia nazionalista cinese, senza basi storiche o culturali.
Dal 1951( anno dell’occupazione comunista) al 1979, secondo fonti tibetane, 1.200.000 persone sono scomparse violentemente, su una popolazione originaria di 6 milioni.
Oggi soltanto poco più di 2 milioni di tibetani vivono in Tibet, altri 4 milioni sono stati “spostati” in altre province o sono in esilio. Nel frattempo il governo centrale ha attuato una politica di immigrazione in Tibet di popolazione di etnia cinese ( han ), cosicché il Tibet è oggi sempre mano tibetano, ponendo la nazione in pericolo di estinzione.
Chi dice che la rivolta sia scoppiata perché ci sono le Olimpiadi non ha prove per affermarlo. Non c’erano limpiadi quando nel marzo del 1959 e nello stesso mese del 1989 sono scoppiate due rivolte soppresse nel sangue.
Nel primo caso ci sono stati circa 100.000 tibetani uccisi, per ordine di Mao Zedong. Nel secondo ( 1989 ) Hu Jintao, attuale presidente della Cina e allora sconosciuto segretario locale del partito comunista, ha mandato all’ergastolo anche monache adolescenti colpevoli di “cantare canzoni” in onore del Dalai Lama.
In tutti questi anni la situazione del Tibet è stata tesissima, con centinaia di proteste, la rivolta poteva scoppiare da un momento all’altro. Il Tibet è oggi oggetto di una vera e propria colonizzazione, giustificata dal regime comunista e dai suoi immancabili simpatizzanti internazionali, come strumento di modernizzazione, esattamente come veniva giustificato il colonialismo del XIX secolo.
Intanto avviene un sistematico genocidio culturale, che non è certamente il primo della storia, come viene osservato, mai crimini del passato non diminuiscono la gravità dei crimini attuali.
Nelle scorse settimane i tibetani arrestati, almeno qualche migliaio, sono stati crudelmente picchiati dalla polizia.
Circa 200 persone, la maggioranza delle quali di origine tibetana, sono state uccise in disordini.
Truppe continuano ad essere ammassate nelle provincia.
I soldati nelle strade controllano i documenti dei tibetani, al punto che molti non escono più di casa.
A camminare liberamente per Lhasa, la capitale, sono rimasti solo i cinesi, i quali si dichiarano sdegnati da tanta irriconoscenza da parte della popolazione locale, che non riconosce l’emancipazione e la liberazione portata dal regime cinese.
In questi ultimi giorni è stata arrestata una nota Jamyang Kyi, una nota giornalista televisiva. Non era politicizzata, ma era orgogliosa della sua cultura tibetana, e aveva un blog dove denunciava il traffico di bambine.
I contestatori della “sacra fiamma” olimpica sono accusati, dal regime cinese e dagli organi internazionali dello sport, di politicizzare le olimpiadi.
Ma le olimpiadi sono state politicizzate anni fa, quando furono date alla Cina per spingere il regime a cambiare, nella promessa da parte del regime di migliorare i diritti umani e civili.
Questo non solo non è avvenuto, ma è accaduto il contrario: la repressione dei dissidenti è sempre più efficace ( meno vistosa certo, ma più sofisticata e mirata ); i pochi e coraggiosi avvocati che difendevano i diritti umani ( una novità di questi ultimi anni, ben illustrata da Ilaria Maria Sala nel numero di febbraio di Mondo e Missione ) gettati in prigione con gravi condanne; i visti per i visitatori stranieri sono stati drasticamente ridotti o annullati.
Le Olimpiadi che saranno celebrate in Cina non hanno davvero niente a che fare con i “valori” sportivi, ma sono un esercizio di nazionalismo sfrenato, che sta, con gran successo, saldando il rapporto tra regime e nazione, facendo dimenticare tanti guai.
Fare le olimpiadi in Cina non serve a migliorare i diritti umani e civili; ugualmente boicottare le olimpiadi non serve a migliorare i diritti umani e civili.
Non mi apsettavo prima e non mi aspetto ora niente dal regime cinese; né dalle organizzazioni internazionali politiche e sportive; né dall’Europa e dai suoi membri.
Fanno i loro interessi, e ci riescono sempre.
Buttassero almeno la maschera dell’ipocrisia, ma non faranno neanche questo.



P.Gianni Criveller
Missionario PIME a Hong Kong

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