Pubblichiamo con piacere l'intervento del Presidente di Focus Trinakria, Fabio Cannizzaro, dopo la stampa di un articolo su “IL VENERDI di Repubblica’”sul Kosovo di questa settimana che chiamava in causa la Sicilia.
Riteniamo utile e benemerita la decisione del bel settimanale “ La Repubblica del Venerdì” di interessarsi alla questione spinosa ed a oggi irrisolta del Kosovo.
Ci ha convinto un po’ meno la decisione giornalistica, lecita ma appunto per questo discutibile, fatta all’interno della riflessione sul Kosovo quando ospitando le posizioni sia dell’intellighenzjia albanese che di quella serba, nello specifico del politologo serbo, Ivan Vejvoda, qualcuno mutuando una improvvida, poiché storicamente, erronea ed errata, affermazione sulla Sicilia, del giornalista-intervistatore Marco Cicala che testualmente, in fase di domanda, recitava così:
" Professore, in questi giorni si decidono lo status ed il futuro del Kosovo. Le elezioni di metà novembre sono state disertate dai serbi ma anche l’affluenza degli albanesi è stata assai timida. L’hanno spuntata i duri, gli indipendentisti. In serbia come verrebbe recepita la perdita della regione? Un po’ come se la Sicilia lasciasse l’Italia? "
decideva di trasformarla addirittura da frase espressa da Cicala e rivolta a Vejvoda in titolo dell’intervista. Quasi a farne una esemplificazione, crediamo non ben riuscita, del filo del ragionamento espresso dal politologo serbo presidente della Fondazione balcanica per la democrazia.
Siamo persuasi che nella voglia di semplificare ed esprimere, a suo avviso, un paradosso il giornalista, inconsciamente quanto incontrovertibilmente, abbia fatto una gaffe sulla quale però sarebbe bene e fors’anche utile fermarsi a discutere.
Devo confessare che Noi di FOCUS TRINAKRIA siamo sorpresi dal filo del ragionamento sviluppato da Cicala .
Come può non ricordare un così preparato giornalista che citare la Sicilia rispetto alla situazione del Kosovo non significa per nulla portare acqua al mulino del No all’Indipendenza ma semmai verso le ragioni del Popolo Kosovaro e della loro aspirazione all’Autodeterminazione?
Vengo e mi spiego.
Non si comprende perché mai e in base a quali dati storici, politici, culturali e/o sociali Cicala, la Redazione o chi per Loro desumano la intrinseca, innegabile, scontata italianità della Sicilia ponendola come opzione paradossale di confronto per esemplificare l’illogicità di un Kosovo separato dalla Serbia. Non è così.
Ora vorrei chiarire che la storia, la parabola politica e istituzionale della Sicilia, da sempre e incontrovertibilmente, testimoniano della presenza, dell’azione ideale e politica “ indipendentista “ in Sicilia.
Devo inoltre poi aggiungere che se si va oltre e ben attentamente si legge l’intervista a Vejvoda emergono diversi elementi di lucida analisi interessanti e sottoscrivibili sulla ingarbugliata situazione del Kosovo.
Riprendendo poi il poco accorto accostamento con la Sicilia crediamo che pur stigmatizzando l’errore non se ne debba fare una colpa a Cicala.
Diremo allora chiosando le sue stesse parole che Egli è rimasto vittima d’ una “ mitologia fondatrice” quella italianista, neo-risorgimentalista e storiograficamente ed ideologicamente madre di tutti i moderni revisionismi storici.
Chiediamo dunque a Cicala, perché appunto non ripartire da questo “ paradosso ” che si è svelato “ errore”?
E’ davvero ciò così astruso, impensabile,enorme?
Eppure basta abbandonare certa storiografia, ufficiale e agiografica, per rendersi conto, senza troppe difficoltà, che la Sicilia espresse ed esprime ancor oggi una sua Nazionalità, un suo patriottismo politico, istituzionale, linguistico e culturale tutt’altro che risibile e/o trascurabile.
Dico di più. Direi che l' acclarata gaffe potrebbe, suo malgrado, essere foriera di ispirazione.
Se infatti si condividono talune delle preoccupazioni espresse da Ivan Vejvoda, beh allora forse si potrebbe e dovrebbe pensare ad una “ soluzione siciliana ” per il Kosovo.
Pensare ad una forte autonomia speciale per il Kosovo sul modello di quella Siciliana, che fu conquistata, nel 1946, allora dagli Indipendentisti sottraendo il Paese ad una guerra civile, avrebbe più d’un motivo d’essere e paragone tra la situazione siciliana , pur diversa,del secolo scorso e l’attuale, anche se più incancrenita, situazione del Kosovo.
Sarebbe una situazione di compromesso certo ma con garanzie reciproche e che esorcizzerebbe quel clima di violenza e guerra che sembra pervadere le due opposte fazioni.
Grazie anche suo malgrado, a Marco Cicala, speriamo si possa aprire un doppio, parallelo, dibattito d’un lato su una soluzione di forte autonomia (N.d.A. una quasi indipendenza definìl’autonomia siciliana Einaudi) per il Kosovo e sul reale ruolo e spazio storico-politico e geo-culturale della Sicilia in Europa e nel Mondo.
Fabio Cannizzaro
Presidente di FOCUS TRINAKRIA
FOCUS TRINAKRIA
Via Brunetto Latini,26 -90141 PALERMO
Tel/Fax: 091329456
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2 commenti:
Forse una similitudine dopo tutto c'è tra la situazione creatasi tra il Kosovo e la Serbia, e quella esistente tra Italia e Sicilia.
I Serbi considerano il Kosovo la culla della loro nazione. Ed in effetti l'Italia perdendo la Sicilia perderebbe vuona parte della sua civiltà e della sua storia, a cominciare dalla lingua e dalla letteratura che risulterebbero "nate all'estero".
La citazione può anche indicare qualcos'altro: che l'Italia, come la Serbia, sarebbe disposta a tutto pur di non perdere la Sicilia. Ed anche su questo li capisco: senza di noi la loro economia sarebbe totalmente azzerata. Dove andrebbero a rubare poi?
L'Abate Vella ha saputo sintetizzare bene l'humus profondo che lega la cosidetta "Italia" alla Sicilia.
Questa propaggine continentale ha un toponimo di chiara derivazione Sicula. Non avendo il coraggio ad appellarsi alla repubblica romana ovvero al S.P.Q.R. ed ai pretoriani (ecco gli "azzurri") che ci mangiavano dietro, per non dar ragione al Pontefice Max, dato il loro anticlericalismo.
La scelta del nome "italia" da dare all'entità come dire "francia", è solo per riferirsi al nome italico dato dalla gens romana alle popolazioni non ancora inglobate nella repubblica romana. Pertanto essi errano anche qui. A fianco ad un forte ceppo di chiara origine celtico (rivendicato dalla lega nord) mischiato a successivi integri di chiara origine germanica, si ha di convesso nella parte centrale allo stabilizzarsi di gente proveniente dalle vecchie discese indoeuropee (latini, etruschi,etc..) assieme a popolazioni preesistenti.
A chi dovevano appellarsi i nuovi confratelli? A quale madrepatria?
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