Pubblicato sul sito SARDEGNA E LIBERTÁ, sito promosso da Paolo Maninchedda, consigliere della Regione Autonoma della Sardegna. Dalla loro stessa "presentazione" si legge che "SARDEGNA E LIBERTÁ " è un luogo di elaborazione, di dibattito, di proposta e di informazione, aperto a chiunque abbia cose intelligenti da dire e sappia farlo con garbo.
Da detto sito vi proponiamo, senza tagli o cambiamenti, il seguente contributo (http://www.sardegnaeliberta.it/?p=1026) - Per contatti diretti: info@sardegnaeliberta.it .
Ci riserviamo,inoltre, di pubblicare anche altri contribuiti, sull'attuale momento politico, nel rispetto del pluralismo delle posizioni, ideali e politiche, espresse all'interno del mondo del "Sardismo".
postato il 24 Febbraio del 2008
Il Partito Sardo d’Azione considera l’attuale momento politico contraddistinto da fattori dinamici e insieme drammatici. Da un lato, infatti, è evidente che l’accordo tra Veltroni e Berlusconi preannuncia una riforma strutturale del sistema Italia; dall’altro è chiaro che le riforme andranno sotto il segno di una grande concentrazione del potere che potrebbe ridurre gli spazi di partecipazione democratica, secondo un neocentralismo presidenziale di matrice americana. È preoccupante che entrambi gli schieramenti manifestino una marcata subalternità alla cultura che riconosce alle strutture finanziarie dei mercati una sorta di legittima supremazia sui rapporti sociali e politici e sulle architetture istituzionali che i popoli hanno scelto per se stessi.
Come pure risulta evidente che entrambi prediligono l’organizzazione del consenso fondata sul leaderismo esasperato, concepito come veicolo attraverso cui garantire la nascita di un potere tanto libero da controlli e da bilanciamenti quanto pericoloso per i diritti degli individui e dei corpi sociali intermedi.
La distinzione tradizionale tra la Destra e la Sinistra non corrisponde dunque più alla realtà della dialettica degli interessi sociali legittimi, ma attiene invece alle forme convenzionali - con vago ricordo della storia - con cui due grandi gruppi di potere nazionali si stanno proponendo agli elettori. La forte similarità dei programmi dei due schieramenti rivela la loro sostanziale connaturalità. L’accordo esplicito tra il Partito democratico e il Partito delle Libertà di trasformare sin d’ora il sistema elettorale italiano in un sistema bipartitico ambisce, inoltre, a negare il diritto alla parola e all’esistenza a chi si sente differente e pretende di poter parlare con la propria voce. La Sardegna, per i sardisti, sta in Europa come una nazione che si percepisce come una grande “differenza” della cultura europea. Per i sardisti l’autogoverno dei sardi non è una funzione delegata dallo Stato italiano, ma un diritto fondato sulla straordinaria storia dell’Isola, unica in Europa ad aver conservato come in uno scrigno, nella sua lingua, nella sua terra e nella sua volontà, ciò che l’Europa e il Mediterraneo hanno vissuto e già dimenticato. L’ambizione all’autogoverno è fondata sul sangue dei morti in battaglia, sul sudore di chi ha lavorato questa terra per renderla migliore, sulla fatica dei giovani che sono stati spronati a studiare da chi non aveva potuto studiare. Essa è fondata sulla consapevolezza politica dell’essere stati depredati da un fisco iniquo, da un sistema economico nazionale che ha privatizzato i profitti e socializzato le perdite, soprattutto umane e ambientali. I sardisti non sacrificano la memoria dei sardi in nome di facili annessioni o in nome di slogan suggestivi. La logica bipartitica pretende o l’omologazione o il silenzio. A questa logica sottilmente liberticida occorre ribellarsi e proporre all’elettorato una lista di resistenza democratica che rappresenti lo spirito e i valori dell’Europa solidarista, democratica e federalista che da sempre le nazioni senza patria in cui l’Europa affonda le sue radici progettano di costruire. Valori che hanno animato anche l’ultima battaglia referendaria contro la legge statutaria della Sardegna, la quale voleva plasmare la Regione sarda secondo il cesarismo politico finanziario che oggi caratterizza il governo regionale sardo e che è responsabile della grave questione morale e della crisi dei redditi e dei diritti che attraversa la Sardegna. I sardisti hanno voluto il referendum perché sono democratici. PER QUESTE CONSIDERAZIONI alle prossime consultazioni politiche, il Partito Sardo farà liste col proprio simbolo ma aperte, che difendano il pluralismo e il diritto della nazione sarda a parlare direttamente e non per interposta persona. E lo farà possibilmente in accordo con quei cittadini liberi e quelle forze sociali e politiche che contestano le scorciatoie oligarchiche bipartitiche e che con il Partito sardo hanno condiviso la battaglia contro la Statutaria. Un progetto ambizioso per portare nel Parlamento italiano un Sardista che sia la voce della specialità nazionale che la Sardegna ora e sempre rappresenterà. Solo questo riconoscimento sarà alla base di qualsiasi ulteriore negoziato con gli altri partiti o raggruppamenti. I sardisti si preparano anche in questo modo per offrire ai sardi, alle prossime regionali, un’alternativa credibile alla politica dell’attuale governo regionale del Presidente Soru.
Il Partito Sardo d’Azione considera l’attuale momento politico contraddistinto da fattori dinamici e insieme drammatici. Da un lato, infatti, è evidente che l’accordo tra Veltroni e Berlusconi preannuncia una riforma strutturale del sistema Italia; dall’altro è chiaro che le riforme andranno sotto il segno di una grande concentrazione del potere che potrebbe ridurre gli spazi di partecipazione democratica, secondo un neocentralismo presidenziale di matrice americana. È preoccupante che entrambi gli schieramenti manifestino una marcata subalternità alla cultura che riconosce alle strutture finanziarie dei mercati una sorta di legittima supremazia sui rapporti sociali e politici e sulle architetture istituzionali che i popoli hanno scelto per se stessi.
Come pure risulta evidente che entrambi prediligono l’organizzazione del consenso fondata sul leaderismo esasperato, concepito come veicolo attraverso cui garantire la nascita di un potere tanto libero da controlli e da bilanciamenti quanto pericoloso per i diritti degli individui e dei corpi sociali intermedi.
La distinzione tradizionale tra la Destra e la Sinistra non corrisponde dunque più alla realtà della dialettica degli interessi sociali legittimi, ma attiene invece alle forme convenzionali - con vago ricordo della storia - con cui due grandi gruppi di potere nazionali si stanno proponendo agli elettori. La forte similarità dei programmi dei due schieramenti rivela la loro sostanziale connaturalità. L’accordo esplicito tra il Partito democratico e il Partito delle Libertà di trasformare sin d’ora il sistema elettorale italiano in un sistema bipartitico ambisce, inoltre, a negare il diritto alla parola e all’esistenza a chi si sente differente e pretende di poter parlare con la propria voce. La Sardegna, per i sardisti, sta in Europa come una nazione che si percepisce come una grande “differenza” della cultura europea. Per i sardisti l’autogoverno dei sardi non è una funzione delegata dallo Stato italiano, ma un diritto fondato sulla straordinaria storia dell’Isola, unica in Europa ad aver conservato come in uno scrigno, nella sua lingua, nella sua terra e nella sua volontà, ciò che l’Europa e il Mediterraneo hanno vissuto e già dimenticato. L’ambizione all’autogoverno è fondata sul sangue dei morti in battaglia, sul sudore di chi ha lavorato questa terra per renderla migliore, sulla fatica dei giovani che sono stati spronati a studiare da chi non aveva potuto studiare. Essa è fondata sulla consapevolezza politica dell’essere stati depredati da un fisco iniquo, da un sistema economico nazionale che ha privatizzato i profitti e socializzato le perdite, soprattutto umane e ambientali. I sardisti non sacrificano la memoria dei sardi in nome di facili annessioni o in nome di slogan suggestivi. La logica bipartitica pretende o l’omologazione o il silenzio. A questa logica sottilmente liberticida occorre ribellarsi e proporre all’elettorato una lista di resistenza democratica che rappresenti lo spirito e i valori dell’Europa solidarista, democratica e federalista che da sempre le nazioni senza patria in cui l’Europa affonda le sue radici progettano di costruire. Valori che hanno animato anche l’ultima battaglia referendaria contro la legge statutaria della Sardegna, la quale voleva plasmare la Regione sarda secondo il cesarismo politico finanziario che oggi caratterizza il governo regionale sardo e che è responsabile della grave questione morale e della crisi dei redditi e dei diritti che attraversa la Sardegna. I sardisti hanno voluto il referendum perché sono democratici. PER QUESTE CONSIDERAZIONI alle prossime consultazioni politiche, il Partito Sardo farà liste col proprio simbolo ma aperte, che difendano il pluralismo e il diritto della nazione sarda a parlare direttamente e non per interposta persona. E lo farà possibilmente in accordo con quei cittadini liberi e quelle forze sociali e politiche che contestano le scorciatoie oligarchiche bipartitiche e che con il Partito sardo hanno condiviso la battaglia contro la Statutaria. Un progetto ambizioso per portare nel Parlamento italiano un Sardista che sia la voce della specialità nazionale che la Sardegna ora e sempre rappresenterà. Solo questo riconoscimento sarà alla base di qualsiasi ulteriore negoziato con gli altri partiti o raggruppamenti. I sardisti si preparano anche in questo modo per offrire ai sardi, alle prossime regionali, un’alternativa credibile alla politica dell’attuale governo regionale del Presidente Soru.
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